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“Ecco il mio Tartufo, impostore senza tempo”

Il regista Michele Sinisi rilegge la celebre opera firmata da Molière, l’appuntamento è per domenica pomeriggio al teatro ’Testori’.

C’è un motivo se’Tartufo’continua a tornare sui palcoscenici a distanza di ben 361 anni dalla sua prima comparsa, avvenuta a Versailles nel 1664: è un personaggio che sfugge a ogni definizione e che da secoli lascia il pubblico pieno di domande. La nuova produzione firmataElsinore diretta daMichele Sinisiporta alTeatro Testori, domenica pomeriggio alle ore 17, uno dei classici più inquieti e discussi diMolière. Lo spettacolo sarà audiodescritto per le persone non vedenti e ipovedenti. Biglietti disponibili suwww.vivaticket.it.

Sinisi, che cosa l’ha colpita di ’Tartufo’ al punto da spingerla a volerlo affrontare come regista?

“La scelta nasce da due motivazioni principali. La prima è il desiderio di raccontare una dinamica umana eterna: quella di chi si mostra diverso da ciò che è. Oggi lo storytelling rende ancora più facile ‘vendere scatole vuote’, e questo tema della finzione si lega naturalmente al mestiere dell’attore. La seconda è personale: dopo la pandemia ho sentito il bisogno di riscoprire la semplicità del rito teatrale, quell’incontro in cui pubblico e attori decidono insieme di credere alla storia. Tartufo era perfetto: un personaggio che finge dentro la finzione stessa del teatro”.

L’opera di Molière, a tanti anni dalla prima messa in scena, è ancora capace di dialogare con un pubblico contemporaneo?

“Un capolavoro resta un capolavoro. Vale per Molière come per Eduardo, Pirandello o Shakespeare. I classici sono un motore potentissimo per riportare la gente a teatro: la loro architettura drammaturgica guida attori e pubblico”.

Il personaggio che dà il titolo allo spettacolo entra solo nel terzo atto. Come ha costruito questo momento perché avesse un forte impatto sugli spettatori?

“Il motore dello spettacolo è Dorina, interpretata da Marisa. Lo spettacolo si apre su una scena piena di oggetti dopo una festa: l’attrice passa tutto il tempo a riordinare e a intromettersi nelle relazioni, fino a liberare completamente il palco. L’idea era che Tartufo entrasse in una scena sgombra, dominata da un grande muro cementizio. Io mi ero preparato un ingresso ma al debutto non è servito: appena sono comparso il pubblico è crollato dalle risate. È la forza dei classici: l’attesa fa già tutto”.

Il Tartufo che porta in scena è un impostore o lo specchio delle debolezze della famiglia?

“L’impostore vive nelle nostre debolezze. Siamo noi, con la nostra vulnerabilità, a permettere a certe persone di approfittarne. È un rapporto di azione e reazione: Tartufo è un impostore, ma la famiglia è fragile e cerca disperatamente qualcuno che ‘sistemi’ l’esistenza. E l’esistenza non si sistema”.

Qual è stata la parte più complessa da affrontare nella fase della costruzione dello spettacolo?

“Nel finale abbiamo scelto di spingere molto sul tema del potere, partendo dalla storia stessa del Tartufo: Molière fu infatti costretto dal Re Sole ad aggiungere un quinto atto in cui un emissario del sovrano arriva e rimette tutto a posto. Noi abbiamo trasformato questo ‘intervento dall’alto’ in un momento scenico molto forte: il grande muro di fondo avanza fino a schiacciare gli attori verso il proscenio, e poi si apre rivelando l’artista Adele Tirante, completamente dorata. Entra cantando in forma lirica il testo dell’ufficiale che annuncia l’arresto di Tartufo”.

Fonte: Google News


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