A trentacinque anni dalla nascita, l’Associazione Nazionale Città del Tartufo torna là dove tutto ebbe inizio: ad Alba, in occasione dell’ultimo weekend di Fiera. Nata nel 1990 con dieci realtà aderenti – tra cui Norcia, San Miniato e alcune comunità montane dell’Italia centrale – l’associazione è cresciuta fino a riunire oggi circa 80 soci, coinvolgendo complessivamente oltre un centinaio di Comuni e, più recentemente, anche enti sovraterritoriali come il Parco del Matese.L’idea fondativa, raccontano i promotori storici, nacque negli anni in cui cominciavano a diffondersi esperienze di marketing territoriale legate ai prodotti di eccellenza: dopo le Città del Vino e dell’Olio, anche il tartufo divenne il fulcro di un progetto capace di unire territori accomunati non solo da un prodotto simbolico, ma anche da paesaggi, tradizioni e problematiche simili.Le aree tartufigene italiane, spesso collinari e appenniniche, rappresentano infatti le cosiddette “zone interne”, dove la tutela dell’ambiente, la gestione dei boschi e la trasmissione dei saperi rivestono un ruolo decisivo.Negli anni l’associazione ha ampliato iniziative e collaborazioni: presenze congiunte alle principali fiere nazionali, scambi tra amministrazioni locali, confronto su questioni legislative, ambientali e di sviluppo.Oggi, per celebrare il lavoro di questi anni, si è pensato ad un’assemblea straordinaria che si svolgerà proprio ad Alba, domenica 7 dicembre, con una parte dei partecipanti in presenza e una parte collegata a distanza.Il programma prevede al mattino l’accoglienza istituzionale del sindaco di Alba Alberto Gatto e la presenza dei rappresentanti della presidenza dell’associazione, guidata da Michele Boscagli con tre vicepresidenti, tra cui l’albese Roberto Cavallo e Antonella Brancadoro, direttore dell’Associazione Nazionale Città del Tartufo.Nel pomeriggio si terrà invece un momento pubblico di approfondimento, ospitato nella sala Riolfo, dedicato sia al ricordo degli esordi dell’associazione – con un omaggio ai primi presidenti, come il compianto sindaco albese Enzo Demaria o a figure come Giulio Parusso, studioso di storia locale e scrittore, che per molti anni fu alla guida dell’ufficio stampa del Comune di Alba – sia alla riflessione sulle sfide future alla presenza dell’Assessore regionale Marco Gallo.Due brevi talk tematici saranno dedicati alle questioni ambientali, affidati a Roberto Cavallo, e alle prospettive del settore. Attesi anche alcuni ex presidenti dell’associazione.Tra i traguardi più importanti dell’associazione spicca la candidatura – poi accolta nel dicembre 2021 – della “Cerca e cavatura del tartufo” come patrimonio culturale immateriale Unesco. L’idea nacque ad Alba nel corso della Fiera del Tartufo 2010-2011, grazie al lavoro del Centro Studi e alla visione del dottor Giacomo Oddero, allora presidente del Centro Nazionale Studi Tartufo.«Quella candidatura ha rappresentato una vera presa di coscienza – spiega Antonio Degiacomi, attuale presidente del Centro Nazionale Studi Tartufo – perché ha permesso di riflettere sull’importanza non solo del tartufo in sé, ma della trasmissione dei saperi, delle tecniche tradizionali, del rapporto con il paesaggio e della necessità di salvaguardare questo patrimonio. Il percorso nel tempo ha dato vita ad approfondimenti, momenti divulgativi e culturali cone la produzione di un documentario di 35 minuti, “Storie di alberi, cani e cercatori”, e quattro corsi interregionali che coinvolsero associazioni di tartufai, amministratori locali e tecnici regionali».Fondamentale, nel processo Unesco, è stato il rapporto con Fabio Cerretano, il presidente della FNATI – la Federazione Nazionale delle Associazioni dei Tartufai Italiani – , che oggi riunisce oltre 40 associazioni territoriali. «Sono i cercatori – sottolinea ancora Antonio Degiacomi – i primi depositari dei saperi da trasmettere: senza di loro non esisterebbe la cultura della cerca».L’assemblea di Alba sarà anche un’occasione per ribadire l’importanza della gestione ambientale: dalla manutenzione delle tartufaie alle strategie per far fronte ai cambiamenti climatici, fino alla necessità di garantire spazi e condizioni adeguate per la pratica tradizionale della cavatura.
Fonte: ideawebtv.it


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