Ma lo sapevi cheChivasso è area tartufigena? Sembra quasi una di quelle curiosità buone per le cene fra amici, e invece è una delle poche verità che raccontano davvero com’è fatto il nostro territorio. Perché dietro la parola “tartufo” non c’è il piatto da ristorante, ma un intreccio diboschi, suoli, filari e biodiversitàche qui, proprio qui, hanno un valore che la Regione oggi decide di mettere nero su bianco.
Il progettoTuber Next Gen 2025ha ridisegnato la mappa piemontese del tartufo e ha infilato Chivasso in un ruolo che finora in pochi conoscevano: cuore dell’Area Forestale 24 “Chivassese”, uno dei distretti nei quali nasceranno i nuovi Piani Forestali. Non una nota a margine, ma una scelta precisa: significa che questa fetta di territorio è considerata strategica per capire dove il tartufo può vivere, crescere e – soprattutto – essere protetto.
Le nuove carte regionali raccontano che la superficie vocata in Piemonte passa da 5.000 a22.000 ettari. Una trasformazione enorme, ottenuta non inventando territori, ma guardando meglio quelli che già ci sono. Qui, dove campi, boschetti, rive, pioppeti e querceti convivono più di quanto sembri, la Regione individua condizioni favorevoli che fino a ieri nessuno aveva messo a sistema. Che sia un bosco dietro una frazione, un filare in mezzo ai campi, un appezzamento rimasto miracolosamente intatto: tutto entra in una visione che riconosceun potenziale reale e misurabile.
E a questo punto il ruolo del Comune non è più ornamentale. Le nuoveindennità tartufigene, aggiornate e potenziate, passano proprio dalle Commissioni comunali, chiamate a gestire domande, verifiche, piante da tutelare, raccoglitori esperti da affiancare. È un lavoro amministrativo, certo, ma che si traduce in scelte molto concrete: quante querce mantenere, dove intervenire, come custodire quello che la natura ha costruito in decenni.
Il fatto curioso, quasi ironico, è che mentre Chivasso fatica a riconoscersi come Comune “tartufigeno”, la Regione lo vede chiaramente:un territorio capace di generare valore ambientale, non soltanto un agglomerato urbano o un nodo logistico. È un modo diverso di guardare ai luoghi, più vicino a ciò che erano e a ciò che potrebbero ancora essere.
La domanda vera, allora, è un’altra:quante persone lo sanno?Quanti chivassesi immaginano che sotto i loro piedi, nei boschi e nei terreni che costeggiano la città, si nasconde un patrimonio che richiede cura, tempo e conoscenza?
Scoprirlo oggi, grazie a una mappa regionale, è quasi un invito:prendiamoci sul serio come territorio tartufigeno. Non per vanità, ma perché qui, dove il tartufo può ancora nascere, c’è la prova che la qualità del paesaggio non è un ricordo del passato. È una responsabilità del presente.
La giornata in Regione è scivolata via con quell’aria da grande appuntamento istituzionale che, per una volta, non è sembrata una liturgia. Il viaggio diTuber Next Gen 2025si è chiuso a Torino, dentro ilGrattacielo Piemonte, in una coincidenza quasi simbolica: la Giornata nazionale degli alberi. E proprio lì, tra tecnici, amministratori, agronomi, urbanisti, forestali e trifolau, si è capito che parlare di tartufo non è un vezzo gastronomico, ma un modo per misurare la salute dei luoghi.Suoli, foreste, paesaggi rurali: tutto si intreccia, tutto parla del territorio che siamo.
A prendere la parola per primo è stato l’assessoreMarco Gallo, che ha ripercorso le tappe del tour – Alba, Asti, Alessandria – fino all’ultimo incontro torinese. Ha insistito su un punto: il Piemonte cresce quando pianificazione e territorio dialogano. È un messaggio che suona quasi ovvio, finché non lo si cala nella realtà di Comuni, vincoli, trasformazioni e ritardi amministrativi. Eppure, oggi, quel dialogo sembrava possibile. La sala era piena, attenta, con interventi che non si sono limitati alla celebrazione, ma hanno guardato dentro le pieghe del lavoro tecnico:carte pedologiche, attitudini tartufigene, aree vocate, tutto aggiornato, tutto da leggere come strumenti di governo, non come accessori.
Accanto a Gallo è intervenutoAlessandro Sicchiero, consigliere delegato della Città Metropolitana, che ha portato un punto di vista decisivo: le nuove Carte non servono solo ai boschi o agli agricoltori, ma aiComuni, chiamati a decidere ogni giorno su terreni, trasformazioni e tutela. Il richiamo ai cambiamenti climatici, che in Piemonte hanno già ridotto alcune aree vocate, ha messo un’ombra necessaria sulla giornata. Perché la verità è semplice: o si difende l’habitat, oppure il tartufo diventa un ricordo romantico.
Fonte: Google News


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